martedì 21 febbraio 2017

Dieselgate: Accuse contro Audi


Un documento proverebbe come i vertici dell'Audi fossero al corrente dei sistemi irregolari per aggirare le norme sulle emissioni. L'indiscrezione è di quelle di sicuro impatto: il settimanale tedesco Der Spiegel afferma di essere in possesso di un documento interno dell'Audi che prova come l'azienda abbia organizzato con “precisione militare” la tattica per aggirare le normative americane sulle emissioni di NOx, che avrebbe portato allo scandalo del Dieselgate.                              Secondo il report di Der Spiegel gli ingegneri Audi avrebbero proposto negli anni 2007 e 2008 l'introduzione di due modalità operative per le automobili al fine di rispettare le normative antinquinamento con l'applicazione delle quali il 90% degli ossidi di azoto venivano eliminati quando l'auto si trovava sul banco a rulli e il 30-70% quando si trovava su strada. Sempre secondo il settimanale tedesco gli ingegneri avrebbero sottolineato l'estrema necessità di questa soluzione negli Usa.                                                    Un avvocato di uno degli ingegneri sospesi, Ulrich Weiss, avrebbe affermato che il ceo dell'Audi, Rupert Stadler  sarebbe stato al corrente dei piani visto che alcuni componenti del team di ingegneri riportavano direttamente a lui. Lo stesso avvocato avrebbe inoltre mostrato in tribunale diversi documenti scambiati tra gli ingegneri e il reparto marketing che trattavano la materia, provando che fosse di fatto nota a vari livelli.

giovedì 16 febbraio 2017

Dieselgate Volkswagen - Ferdinand Piech il patriarca di casa Volkswagen dice tutto


Lo storico patriarca della casa automobilistica davanti ai magistrati ha sostenuto che i massimi dirigenti della società fossero a conoscenza della manipolazione delle emissioni, coinvolgendo di fatto anche l'odiato cugino Wolfgang Porsche. L'ultimo atto di una rivalità lunga almeno 50 anni: due capi famiglia che ancora oggi non si chiamano nemmeno per nome.
BERLINO - Sono i Montecchi e i Capuleti del capitalismo tedesco e non riescono a smettere di farsi la guerra neanche nel momento più tragico della loro storia. L’odio antico tra le due grandi famiglie dell’industria dell'auto tedesca, i Piëch e i Porsche, è scoppiato di nuovo in queste ore. Il vecchio patriarca della Volkswagen, Ferdinand Piëch ha sguainato la spada e sta tagliando la testa a tutti. Davanti ai magistrati, nei giorni scorsi, ha dichiarato che i vertici della Volkswagen sapevano tutti delle emissioni manipolate, ben prima dello scoppiare dello scandalo. Le sue affermazioni potrebbero far crollare la tesi principale del colosso di Wolfsburg, quella che i top manager e i proprietari fossero venuti a conoscenza della truffa nell’autunno del 2015. E rischiano di mettere un cappio al collo all’intero consiglio di sorveglianza. Dove siede anche l’odiato cugino, Wolfgang Porsche.
I Piëch e i Porsche, discendenti di Ferdinand Porsche, il geniale inventore del maggiolino ma anche della “macchina del popolo” tanto amata da Hitler, hanno trasformato l’azienda nel maggiore colosso automobilistico del mondo senza mai smettere di tramare l’uno contro l’altro, di riempire i rotocalchi di aneddoti sulle loro faide, di sorprendere la sobria Germania con le loro eccentricità.
Wolfgang neanche nomina Ferdinand per nome, lo chiama “mio cugino” o “F.” o “il nome che non pronuncerò”. L’innominato, dal canto suo, ama prendere il giro il ramo nemico per la frequentazione delle Waldorf Schulen, le scuole sterineriane dove i parenti, secondo lui, avrebbero imparato a “fare lavori manuali, l’uncinetto e a cantare” mentre lui avrebbe frequentato “un liceo per diventare tosti”.
I due clan si insultano da sempre come “contro-famiglia” (Piëch sui Porsche) o “il ramo senza nome” (Porsche sui Piëch). E la guerra è talmente antica da risalire ai figli del fondatore, Ferry e Louise.
Le cronache narrano di diverbi ferocissimi, anche fisici, tra i due. Louise ha poi sposato Anton Piëch, che ha costruito lo stabilimento Volkswagen a Wolfsburg, a tutt’oggi il quartier generale del colosso. Suo fratello Ferry si è dedicato alle macchine da corsa e ha sviluppato, tra le altre, la mitica Porsche 911.
Quando Ferry e Louise Porsche cominciarono negli anni ’70 a suddividere l’impero tra gli otto nipoti, le guerre tra di loro (e il giovane Ferdinand, all’epoca capo sviluppatore della Porsche, si distinse subito per gli scontri frontali con il cugino Hans-Peter) raggiunsero un livello tale da richiedere un intervento esterno. La famiglia decise di tentare una terapia di gruppo. In Austria, nella loro villa Schüttgut, si sottoposero a lunghe sedute che nei ricordi di Ferdinand furono litigiosissime. Alla fine, tuttavia, raggiunsero una tregua e presero una decisione che vale ad oggi. Nessun membro della famiglia avrebbe più potuto assumere un ruolo ai vertici della Porsche.
I due capi-tribù, però, trovarono comunque il modo di continuare a guerreggiare e a occupare i vertici delle controllate come Audi o, molto più tardi della casa madre Volkswagen. Peraltro, quando VW ha inglobato Porsche, quello che è sembrato l’assorbimento del marchio delle macchine da corsa da parte del produttore delle Golf, si è rivelata invece l’Opa delle due famiglie sul colosso di Wolfsburg. La holding di famiglia Porsche SA ne controlla il 50,7%.
Nella saga dei super-ego, come la chiamano i tedeschi, anche gli amministratori delegati sono diventati carne da macello. Noto per essere un maniaco dei dettagli e della qualità, Ferdinand Porsche ama liquidare i top manager con una sola, affilata frase, buttata in pasto alla stampa al momento giusto. Il patriarca del colosso di Wolfsburg è anche famoso per divorare le sue creature come Saturno. L’esempio più recente è proprio l’amministratore delegato dello scandalo, Martin Winterkorn. Peraltro, la tesi di un complotto di oscuri ingegneri del middle management che avrebbero manipolato undici milioni di motori è incredibile, ma è tuttora quella ufficiale di Wolfsburg.
Prima di cadere per le emissioni manipolate, Winterkorn aveva già subito un brutale tentativo di defenestrazione da parte del suo mentore. Per decenni Piëch era stato il king maker dell’uomo che ha battuto i giapponesi della Toyota trasformando il brand dai dodici marchi - tra cui Lamborghini, Audi, Seat, Skoda, Porsche - nel maggiore gruppo automobilistico del mondo. Per molti anni Winterkorn gli fu sempre a fianco, anche nei momenti del “pollice verso” verso altri top manager. Nel 2008, ad esempio, i due andarono a presentare la nuova Polo in Sardegna. I giornalisti chiesero a Piëch dell’amministratore delegato di Porsche, Wendelin Wiedeking. Lui rispose che “Il signor Wiedeking gode ancora della mia fiducia. Cancellate ‘ancora’”. Era il segnale. Anche se il cugino Wolfgang si oppose, il top manager era morto: si dimise poco dopo.
Nella primavera del 2015, Piëch tentò un colpo simile con Winterkorn. Stando alle indiscrezioni, perché era insoddisfatto dei risultati raggiunti sul mercato statunitense. Col senno di poi - e con le dichiarazioni di questi giorni ai magistrati - quel tentativo sta assumendo un significato diverso. Secondo i rumors, Winterkorn sarebbe stato informato sulle indagini degli americani già a febbraio. E avrebbe deciso di non reagire. Il 10 aprile Piëch fece l’ormai famosissima telefonata allo Spiegel e pronunciò le sei parole che avrebbero dovuto bruciare il capo di VW: “Prendo le distanze da Winterkorn”. Un caso?
Quella mossa, per la prima volta nella lunga carriera di Piëch, andò storto. Il cugino Wolfgang Porsche e il resto del consiglio si strinsero attorno al top manager e lo salvarono, anche se per pochi mesi. Il patriarca, invece, fu costretto a lasciare la guida del Consiglio di sorveglianza. I giornali titolarono con frasi pompose, “fine di un’era”, fioccarono i commenti sulla fine di un mito. Ma dalle cronache di questi giorni è evidente che non se n’è andato a mani vuote.
Nel secolo delle auto, l’unico elemento che è sempre riuscito a far rinsavire i due capi tribù di Porsche e Piëch, è stato il timore di perdere il controllo dell’azienda. Ne sa qualcosa il fratello maggiore di Ferdinand, Ernst Piëch: all’inizio degli anni ’80 minacciò di vendere le sue quote agli arabi. Le due famiglie fecero fronte comune e lo accompagnarono alla porta liquidandolo con 100 milioni di marchi. Oggi quelle quote valgono miliardi.


FCA - Da Cassino escono le prime Alfa Romeo Stelvio


Le prime mille unità di Alfa Romeo Stelvio saranno prodotte entro la fine di questa settimana. Lo ha confermato il segretario nazionale di Fim-Cisl Ferdinando Uliano. Queste unità prodotte serviranno per lanciare il Suv nei principali mercati europei e anche in quelli Nord americani. Sempre a proposito di Alfa Romeo Stelvio, a partire dal prossimo mese di marzo, la produzione passerà da un turno a 2 e lo stesso accadrà anche con la berlina Alfa Romeo Giulia.
Man mano che i due modelli arriveranno in tutti i mercati e cresceranno le richieste è probabile l’arrivo di nuove assunzioni che saranno necessarie al fine di garantire che vengano prodotte le giuste quantità dei nuovi modelli del brand milanese di Fiat Chrysler Automobiles. Insomma una bella notizia per tutti coloro i quali hanno a cuore le sordi della casa automobilistica del Biscione che non fa mistero di punatre forte su lfa Romeo Stelvio e Giulia per il rilancio in grande stile nel mondo dei motori.
Dal successo commerciale di Alfa Romeo Stelvio e Giulia dipendono molte cose. Se questo dovesse avvenire infatti ci sarà spazio per l’arrivo sul mercato di numerosi altri modelli per il momento non ancora previsti a partire dal 2020. Inoltre se gli ingenti investimenti che il Biscione ha effettuato per il lancio di questi due modelli andranno a buon fine allora ci sarà spazio anche per un ritorno del Biscione in Formula Uno così come paventato più volte dall’amministratore delegato Sergio Marchionne numero uno del gruppo italo americano.
Alfa Romeo Stelvio: i primi mille esemplari prodotti nello stabilimento Fiat Chrysler di Cassino entro la fine di questa settimana.
Grazie all’inizio della produzione di Alfa Romeo Stelvio, è stato anche annunciata la fine dell’utilizzo dei contratti di solidarietà a Cassino dopo 8 anni. Inoltre quando da marzo i turni per la produzione del Suv diventeranno due è facile ipotizzare che nei mesi successivi sarà necessario assumere nuovo personale. Insomma Cassino diventa sempre più centrale nel rilancio di Alfa Romeo e Il Biscione aiuta l’economica della cittadina ciociara.

Ferrari 812 superfast la nuova Ammiraglia del Cavallino


Al Salone svizzero sarà presentata la nuova berlinetta del Cavallino: un gioiello con motore V12 6.5 litri da 800 Cv e infinite raffinatezze tecniche.
Per l' 87 ° Salone di Ginevra la Ferrari presenterà in anteprima mondiale la nuova berlinetta 12 cilindri, la 812 Superfast , la Ferrari stradale più potente e prestazionale della storia. Una vettura con tanti contenuti innovativi e un significato particolare, perché la serie 12 cilindri è quella con la quale è iniziata ufficialmente la storia del Cavallino Rampante nel 1947.MOTORE — La 812 Superfast è spinta da un nuovo motore V12 da 6.5 litri, in grado di erogare 800 CV, con la potenza massima raggiunta a 8500 giri/minuto e una potenza specifica di 123 cv/l, valori mai ottenuti in passato da motori anteriori su vetture di serie e che esaltano la sensazione di sportività estrema soprattutto agli alti regimi. Adottato per la prima volta su un motore altamente prestazionale un sistema a iniezione diretta a 350 bar, assieme ai condotti di aspirazione a geometria variabile derivati come concetto dai motori F1 aspirati. Il cambio è un dual clutch che beneficia di rapporti specifici che, abbinati ai tempi di cambiata accorciati da una marcia all’altra, sia in up che e in down - shift, permette di rendere la risposta all’acceleratore ancor più reattiva. SISTEMI DI CONTROLLO — La 812 Superfast è equipaggiata con componenti e sistemi di controllo di ultima generazione, è la prima Ferrari dotata di EPS (Electric Power Steering), il servosterzo elettrico, integrato con gli altri sistemi e controlli presenti sulla vettura, inclusa la versione 5.0 del sistema Ferrari Brevettato Side Slip Control (SSC) . Tra i sistemi integrati anche il Passo Corto Virtuale 2.0 (PCV). STILE — Disegnata dal Centro Stile Ferrari, la nuova 812 Superfast sottolinea con forme e proporzioni molto sportive l’eccezionale livello prestazionale della vettura. Come in tutte le Ferrari stile e funzioni aerodinamiche si plasmano al meglio in soluzioni e forme innovative. Due esempi sono il frontale multifunzionale che integra tra le altre l’ingresso a portelle dinamiche sulla parte anteriore del fondo, e il parafango posteriore che presenta un inedito by - pass aerodinamico per incrementare il carico. INTERNI — L’interno della 812 Superfast è stato rivisto, preservando spazio e comfort: l’abitacolo ha un’anima puramente sportiva, ma allo stesso tempo raffinata e essenziale. La plancia ha una struttura orizzontale passante che ingloba le bocchette aria e crea una scultura metallica. I nuovi sedili si distinguono per un’ergonomia ottimale e uno stile leggero e sportivo.

giovedì 2 febbraio 2017

Alfa Romeo Giulia fa crescere il Marchio del Biscione negli USA


Gennaio 2017 non è stato sicuramente un grande mese per Fiat Chrysler Automobiles negli Stati Uniti. La stragrande maggioranza dei brand che fanno parte del gruppo italo americano hanno infatti segnato un calo delle immatricolazioni rispetto allo stesso periodo del 2016. Una delle poche eccezioni è rappresentata da Alfa Romeo.
La casa automobilistica del Biscione, forte del debutto della nuova berlina di segmento ‘D’ Alfa Romeo Giulia inizia a crescere sull’importante mercato americano. Ovviamente si parla di piccolissimi numeri che però rappresentano pur sempre un inizio per un brand che da molti anni mancava dal mercato USA con una vettura che nel lungo periodo potrebbe essere capace di ottenere buoni risultati.
Le ordinazioni della berlina italiana negli Stati Uniti si sono aperte lo scorso 17 gennaio. In totale sono state 70 le Alfa Romeo Giulia ordinate in questi primi giorni negli States. Queste hanno portato il numero complessivo delle auto del brand del Biscione vendute nel mese di gennaio in USA a 108. Questo risultato significa che le immatricolazioni della casa milanese che fa parte di Fiat Chrysler Automobiles negli States sono aumentate del 59%.
Si tratta di un risultato totalmente opposto a quello del brand Fiat che invece ha subito un calo del 9 per cento. Mentre sicuramente più somiglianze vi sono con i dati che provengono da Maserati capace di crescere nello stesso mese in USA del 69% grazie al suv Maserati Levante.
Alfa Romeo  grazie alla berlina Giulia  le vendite iniziano a crescere negli USA.
Ovviamente se davvero Alfa Romeo tornerà a contare qualcosa nell’importante mercato auto americano lo capiremo solo nel corso dei prossimi anni. Del resto è stato lo stesso numero uno del Biscione, l’amministratore delegato Reid Bigland a dire che il rilancio del brand di Arese non è una gara di velocità ma bensì qualcosa di più simile ad una corsa di resistenza. Con l’arrivo di Alfa Romeo Stelvio e una Giulia che nel frattempo sarà arrivata sul mercato con la gamma al completo sicuramente i numeri del Biscione si faranno molto più interessanti.